Cinquetrè

Chi frequenta o abbia frequentato il T.C. Elba per un determinato periodo, sicuramente saprà cosa succede nel momento in cui il punteggio di una qualsiasi partita arriva a 5 giochi a 3: che tu sia il giocatore impegnato nel match, o che tu sia uno spettatore che segue diligentemente il risultato, l’espressione che viene usata sarà sempre la solita:

– Cinquetrè.

Occhio all’accento però, non vi fate trarre in inganno, non si pronuncia normalmente, con la “e” chiusa, ma deve essere aperta, anzi, apertissima, in modo da simulare una chiara parlata del nord: cinquetrè. E non va urlato, va detto in maniera sicura e decisa, ma senza strafare: cinquetrè.

Di solito il giocatore, alla fine di un punto, chiede conferma del risultato all’avversario, anche se è sicuro: – 40 pari? 3 a 2 per te? – Il tennista interroga per correttezza, anche se lo sa. E l’avversario dà conferma. Il cinquetrè no. Non si chiede, si dichiara: stiamo 5 a 3, basta. Non ci sono conferme da dare, è così e non c’è storia. Ma l’avversario non ribatte perché sa che sul cinquetrè non si discute: è semplicemente un dato di fatto.

Ciò premesso, adesso fra coloro i quali hanno avuto la pazienza di leggere fino a qui, ci sarà chi sta già pensando “io lo so” e chi penserà “Ah sì, l’ho sentito dire.. ma perché?” (non usate lo stesso accento di perché su cinquetrè: è scorretto). Consiglio ad entrambi di continuare a leggere, ai primi per verificare l’esattezza dell’aneddoto, ai secondi per colmare questa grave lacuna tennistica.

Ma andiamo a raccontare:

Torneo a squadre di tennis, i nostri sono impegnati in trasferta, nel doppio decisivo. La coppia è composta da F e da S che vincono il primo set e stanno dominando il secondo… match point… è fatta, 6-3: set, partita, incontro e vittoria contro la squadra di casa. Gli avversari si avviano rassegnati alla rete per stringere la mano ai nostri quando…  da bordo campo M, compagno di squadra di F e S esclama perentorio, aggiustandosi la cinta dei pantaloni:

– Cinquetrè.

Smarrimento in campo. I nostri sicuri del 6-3, gli altri un po’ meno (capirai, lo ha detto uno degli avversari, non è di certo una fregatura…), ma M ribatte:

– No no, sono sicuro: cinquetrè.

Lo sgomento serpeggia in campo: da una parte chi si aggrappa alla speranza di non aver ancora perso, dall’altra chi vuole la vittoria certa, senza dubbi o incertezze. Si decide per un ulteriore game e si riparte da 5-3, anzi no, da cinquetrè.

Morale della favola: si ritorna in campo e i nostri vengono sconfitti al terzo set, olè. FINE.

Adesso che sapete la storia può darsi che vi starete chiedendo se è finita qui: ovviamente no. Pare infatti che durante la cena post-incontro della nostra squadra, in un attimo di silenzio generale, F, mentre si faceva il piatto, abbia esordito così:

-M… cinquetrè… ma te lo vai a tr…

 

Francesco De Pietro

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